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Adolfo Wildt (1868-1931), Autoritratto, 1916, matita e carboncino su carta incollata su cartoncino, 640 x 640 mm Firmato e datato: "A.Wildt / MCMXVI" (n. inv. Agg. 426)
Il disegno realizzato nel 1916 è un autoritratto, tematica su cui Wildt si sofferma in momenti cruciali della sua attività artistica. Come in quello scolpito nel marmo nel 1909, cui il disegno è strettamente legato, l'immagine dell'artista è avvicinata ad un simbolismo di tipo religioso. Nel 1909 infatti la forma del volto si staglia su una lastra di fondo sulla quale sono incise, oltre al nome e alla data, tre croci, ad indicare i tre travagliati anni di elaborazione dell'immagine e di difficoltà creativa. Il disegno del 1916 invece, oltre a mostrare un abbandono più completo nella figura, che lascia pensare quasi ad un ritratto funebre, vede la testa dell'artista sovrapporsi ad uno sfondo indefinito sul quale però, come unici elementi leggibili, si trovano due assi incrociate, facilmente interpretabili come una croce, dato l'atteggiamento della figura.
Il disegno delle Civiche Raccolte media la tragica espressività di matrice nordica, memore anche del caricamento emotivo della scultura gotica, con una traduzione della figura nel marmo, evidente nella modellazione dei volumi del viso (con le lumeggiature che ne sottolineano la qualità lapidea) e nella tipologia della loro semplificazione, oltre che nella scelta di lasciare le orbite bianche al di sotto delle palpebre abbassate. Il disegno allude al precedente autoritratto scolpito, e, più in generale, alla scultura gotica, michelangiolesca, ellenistica. La scultura del 1909 invece, vuota, come mostra l'assenza degli occhi, fa riferimento alle maschere antiche, in un gioco di modelli replicati in materiali e tipologie sempre differenti, ma accomunati dal sottile equilibrio fra tragica espressività e algidità del segno.