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Agnolo Gaddi (attivo dal 1369-1396), Cinque teste di giovani e testa di agnello, 1380 circa, penna, pennello e bistro su pergamena, 196x160 mm (n. inv. 2787/4 B 1021 bis, recto)
Si tratta di uno dei disegni più antichi della Raccolta del Castello Sforzesco. Gli studi di cinque teste di giovani, o piuttosto dello stesso viso riprodotto cinque volte in differenti attitudini ed esaminato da punti di vista diversi, sono riuniti nel recto della pergamena. Descritti con grande naturalezza, i volti sono ripresi dal vero, come precoci esempi di ritratti "al naturale". Sullo stesso foglio, in alto e al centro, è disegnata la testa di un agnello, sotto cui è scritto «agnius» ed è tracciato un segno interpretato come il monogramma del nome di Cristo o come lettera “P”, presunta abbreviazione del termine “pictor”. Sul verso della pergamena, un ulteriore disegno rappresenta due monaci e una donna chinata.
L’ipotesi più accreditata riconosce la paternità del foglio ad Agnolo Gaddi, con una datazione agli anni Ottanta del Trecento, per la forte somiglianza delle tipologie maschili con le figure che l’artista affrescò nel coro di Santa Croce a Firenze. L’opera è stata anche accostata ad Ambrogio Lorenzetti, in particolare ai suoi affreschi nella basilica di San Francesco a Siena, anticipandone quindi l’esecuzione al terzo o quarto decennio del secolo. Un’altra interpretazione suggerisce di assegnare il foglio a un artista fiorentino attivo nel 1420, appartenente alla generazione di Cennino Cennini che nel suo Trattato della Pittura aveva sottolineato l’importanza del “ritrarre del naturale”.